ASSOCIAZIONE CULTURALE MERIDIONALISTA - PROGRESSISTA

Critica - Analisi - Riflessioni - Editoria - Proposte - Politica

sabato 13 ottobre 2012

Raffaele La Capria a "Che tempo che fa" il 18/02/2012


Un modo nobile d'essere napoletano. Il mare, la semplicità, l'emozione, Napoli...un grande scrittore...

Raffaele La Capria, a 89 anni da poco compiuti, è tornato in libreria con "Esercizi superficiali". Nuotando in superficie, raccolta di stati d'animo, pensieri e considerazioni sull' Italia di oggi


http://youtu.be/mZ8782L5Etg

Fonte : youtube

martedì 9 ottobre 2012

Il Profumo di casa


riceviamo e pubblichiamo :

di Phil Martini

Sono nato a Sorrento, anzi per esser precisi in una stradina al confine tra Piano di Sorrento e Sorrento. Andai via che ero un ragazzetto…mio padre faceva il marittimo e veniva ingaggiato per viaggi che lo tenevano lontano da casa per lunghi periodi. Lavoro faticoso e per giunta discontinuo, cui sono dediti buona parte degli uomini della costiera sorrentina. Quando tornava a casa scattava una sensazione fatta di sentimenti contrapposti : da un lato una gran festa per mia madre e per noi figli per averlo finalmente in casa con noi tutti i giorni, e dall’altro la consapevolezza che in quei giorni, settimane e talvolta mesi, non avrebbe guadagnato e che - prima o poi – ci avrebbe rilasciato per ripartire. Insomma combattuti tra il non sapere mai fino in fondo cosa augurarsi : la felicità che fosse con noi o il lavoro che ci consentisse come famiglia di ricevere quanto ci occorreva per andare avanti. Così egli decise che era giunto il momento d’accettare quell’invito che s’era fatto pressante d’un suo cugino : trasferirsi in Canada dove egli aveva avviato un’attività commerciale che procedeva molto bene. Gli assicurava un posto fisso con un’ottima paga per un ruolo di responsabilità che voleva affidare ad una persona di fiducia. Ci assicurava anche una casa dove ci saremmo potuti sistemare come famiglia. Partimmo, e la mia giovane età mi permise, sul momento, d’affrontare la cosa come un’avventura senza troppi retro pensieri ma con una considerazione che in famiglia veniva in quei giorni ripetuta spesso : finalmente staremo tutti insieme, sempre, tutti i giorni. Avrei visto mio padre presente in casa tutte le sere, e non ci saremmo addormentati più da soli pensando a lui lontano, e le finanze di casa avrebbero conosciuto un andamento regolare e meno ballerino.

La vita è andata avanti, io ho fatto la mia trasferendomi poi in Inghilterra da grande, dove ho finito gli studi e dove insegno. In casa mia e con i parenti ritrovati laggiù in Canada, si è continuato a parlare in italiano e, ovviamente, anche in dialetto. Ho coltivato la cosa personalmente e scrivo e parlo nella mia lingua d’origine oltre naturalmente che in inglese. Dopo l’incoscienza al momento di partire e quella dei primi anni, il pensiero sulla mia terra natìa e le mie origini è diventato invece ricorrente se non addirittura fisso, oserei dire ossessivo. Mi son sempre chiesto per quale ragione vera ciò era successo, perché la mia terra non aveva potuto offrire, garantire, ai miei,  la possibilità d’un lavoro certo e a me e ai miei fratelli la tranquillità di crescere, vivere dove eravamo nati, dove c’erano le nostre radici. Ho letto, ricercato, studiato la storia del Sud per trovarne i motivi, le ragioni. S’è aperto un pozzo senza fine, e tutto s’è amaramente dispiegato con le motivazioni d’una storia amara, non scritta sui testi ufficiali, che ha condannato il meridione d’Italia a ruolo di colonia, invasa, depauperata e sottomessa. Il Sud, a differenza ad esempio dei Curdi, o di altri popoli, ha sì conservato la sua terra, ma non la vive col suo popolo da padrone. E’ schiavo in casa sua.

Qualche anno fa ho deciso di ritornare in visita per un’intera estate nei luoghi della mia nascita. Ho preso in fitto una casa proprio in quella zona dove ho vissuto i miei primi anni di vita. Volevo ritrovare proprio gli stessi posti, riassaporarne, se possibile, gli umori, l’aria, le sensazioni. E questa casa somigliava in tutto alla mia d’origine. Una piccola stradina, in penombra, dove un’auto passa a fatica. Un alto portone d’ingresso su di un lato e all’interno una corte quadrata con al centro un vecchio pozzo, come quello intorno al quale giocavamo da piccoli. Di fronte all’ingresso un muro di delimitazione alto poco più di due metri con un decoro lineare e costante di alberi di arance e limoni con il loro ricco fogliame. A  sinistra un’ampia scala per due soli piani. Al primo questa casa con l’ingresso su di  una lunga balconata che si affacciava sul giardino di quegli alberi prima descritti. In fondo alla balconata l’ingresso in casa : direttamente in una cucina quadrata, tutta in muratura bianca ed un bagno su di un lato. Poi direttamente in una prima stanza ampia e ancora in una seconda. Simile in tutto, almeno dai miei ricordi, alla mia vera casa natìa. Due finestre nelle due stanze, sempre su di un giardino. Il profumo, gli odori, i colori, tutto è tornato alla mente, e proprio ciò che desideravo è successo : un film rivisto ad anni di distanza, ma sul luogo del delitto, e ricordando d’esserne stato attore. Un pianto irrefrenabile mi ha travolto dopo che ero in casa e avevo terminato di perlustrarla. Per quale dannata ragione, io e i miei, avevamo dovuto privarci di tutto ciò? Perché non avevamo potuto godere della nostra terra, dei suoi profumi e tutto il resto? Affacciandomi a uno delle finestre interne mi è ritornata alla mente una scena, un’immagine che avevo cancellato dalla memoria e che per magia ritornava. Ricordo che da piccolo, quasi all’improvviso, su di una pianta davanti alla finestra di una delle due stanze compariva ben saldo su di una scala un contadino intento a curare le piante o il raccolto. Non ricordo più il suo nome…mi sembra Sebastiano, o qualcosa di simile…e mia madre che, vedendolo, gli offriva dalla finestra un caffè fumante passandogli la tazzina. Egli ringraziava, ma con un coltello tagliava uno spicchio di limone immergendolo nel caffè, sostenendo che così era più buono! Potenza della memoria!

Orbene, la coscienza di tutto questo ha fatto di me un meridionalista, convinto che la sua terra è meravigliosa, è stata culla di civiltà, cultura e saperi e se ormai da più d’un secolo si dibatte in difficoltà economiche, sociali e strutturali le cause affondano negli eventi storici di cui gran parte dei suoi abitanti non conosce la verità, e/o ne ha perso la memoria. Quindi solo un’opera culturale e d’organizzazione politica dei sui figli più volenterosi può riequilibrare il suo essere all’interno del paese Italia.
Ho scoperto per caso Rubriche Meridionali, e mi ha colpito l’impostazione, i principi e il riferimento a eccellenti personaggi e la volontà di coniugare i valori della miglior politica. Invio questo mio scritto che non so se riterrete opportuno pubblicare. M’interessava trasmetterVi la mia testimonianza.
Auguri per tutto e VIVA IL SUD!

Phil Martini 

Phil Martini è nato a Sorrento (Na) nel 1948. Emigrato con la famiglia in Canada a Winnipeg nel 1956 e poi trasferitosi in Inghilterra nel 1976 per studi dove si è stabilito a Liverpool e dove insegna Letteratura e Storia Italiana. 

sabato 22 settembre 2012

Napoli e i progressisti...


da "Napoli non è Berlino" di Isaia Sales

“In verità Napoli non è stata mai una città immobile. Ha sempre risentito dei cambiamenti che hanno interessato , in diverse fasi, la storia del costume e delle preferenze elettorali nell’Italia moderna. Sui referendum “civili” (il divorzio e l’aborto) Napoli ha addirittura sopravanzato altre più titolate città italiane nel sostegno di massa a nuovi stili di vita nel campo dei rapporti sentimentali/familiari, mostrandosi più laica di quanto si potesse immaginare. E ogni qualvolta la crisi delle sue classi dirigenti la portava a una esasperazione economica e civile, rispondeva dando credito e fiducia ai progressisti, senza paura di abbandonare vecchie certezze. Nel 1975 diede oltre il 30% dei voti al Pci consentendo per la prima volta nella sua storia di essere guidata da un comunista, Maurizio Valenzi. Fu così con Bassolino, dopo l’azzeramento di quel ciclo politico finito in galera per le inchieste della magistratura, Ed è così oggi con la “sorpresa di de Magistris. Napoli si affida sempre a forze e uomini nuovi quando tutti prevedono un rinchiudersi in sé stessa a causa di rottura di vecchi equilibri. Ma perché si continua a definirla “immobile”? ….La stessa Milano non si è mossa politicamente ed elettoralmente per alcuni decenni, eppure nessuno l’ha considerata una città immobile o arretrata. Definire Napoli immobile vuol dire classificarla arretrata. E perciò non si cambia aggettivo neanche davanti all’evidenza.

…Napoli e il Sud sono quello che l’Italia vuole che siano….

Isaia Sales

Isaia Sales è docente di Storia della criminalità organizzata nel Mezzogiorno d’Italia presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. E’ stato deputato della Repubblica e sottosegretario all’Economia nel primo governo Prodi (1996 – ’98)

giovedì 13 settembre 2012

Lettera aperta pel Caravaggio



        Bruno  Pappalardo

Caro Michelangelo,

ho saputo che sei stato qui, a Napoli. Ho saputo che sei stato qui perché fuggivi da Roma per via d’un certo Tomassoni  morto per mano tua in quel maledetto 28 maggio. 
Mentre eri qui, mancavo, accidenti!
Ti scrivo per sapere delle tue opere napoletane e se hanno subìto ( il temine è illogico perché nessuna opera subisce che non sia la sola volontà e pennello dell’autore) beh, allora vada per “ ricevuto” un qualsiasi influsso sulla qualità se vuoi tecnica o cognitiva dei tuoi telari.
Ne son certo! Avevo visto a Roma già tanti dei tuoi lavori ma ho notato su quei pochi eseguiti nel tuo breve soggiorno in città una apparentemente piccola, pure, se vorrai,  invisibile differenza. Ma mi spiego…
Già vedo in giro, qui a Napoli,  scene su teli che assomigliano alle tue. 
La tua luce, il tuo travolgente contrasto tra le cose, corpi manti, vesti, laghetti, frutta marcia, penetrato insomma nella realtà. E’ così forte che la carne dei tuoi santi e martiri, dei tuoi uomini della strada e di corpi nei bordelli da ci hai tratto i modelli per le sante e madonne, salta prodigiosamente luminoso per diventar cruda e feroce da ridare valore all’ “analitica” di Aristotele, ossia quel tuo reale è un linguaggio che induce immediatamente a conoscere. 
Conoscere quel frammento appartenente all’universo nella susseguente domanda: “ma chi volle tanta chiarezza?” 
Dunque il chiaro del pensiero, della ricerca  e della stessa luce. 

Questa però s’affaccia dal fondo nero del vuoto per cui essa si fa  cose e forme umane e sembrano che s’avviano verso di noi uscendo dal buio di un angolo di stanza, d’un porticato senza lampada o dal tetro scuro della nostra mente. Ecco che il chiarore e movimento diventa dinamica delle forme e la mente l’officina.

Dicono che facevi filtrare un raggio di luce da una finestrella, semmai in alto dello stanzone, per predisporre la lotta tra il nero ed il chiaro, il pieno e il vuoto, il rosso contro il verde e il verde col giallo oro; contrasti non sfumature, alcun manieristico chiaroscuro!
Si vede sempre, dunque, che la luce giunge da una sola direzione, talvolta è a destra, poi a manca, in alto e poi in basso e pure di lato. Una fonte di luce, sole o lampada esterna al quadro, pare costruisca il corpo,  nel più naturale modo  e prepotente vero possibile. Rare volte si diffonde nello spazio del tuo telaro e par non sia opra tua.
Ma a Napoli come hai potuto agire? Se da un pertugio passa luce, s’illumina il sottoscala che s’arieggia pure come. Come hai fatto? …
…E già che tu stesso hai mosso la terra intorno al sole e non il contrario da cui era più agevole ricavar spiragli! Nelle “Le Sette Opere di Misericordia” questo è evidente.  
Le figurazioni, le ali avvolgenti, il bambino sono macchie e null’altro! Sembra che siano pere poggiate su un panno bruno. Nelle altre tue tele la luce e le forme si conformano in un unicum che vien meno nella “Misericordia”, anzi direi Nulla!  No, non sei stato molto a Napoli e non solo per le tue necessità ma perché non resistevi alla LUCE.
L’inclinazione dei raggi è diversa e spesso si spezzano come rifrazione,mi dispiace, … tanto!
Qui ci sono riflessi impetuosi, luci radenti sulle acque e sui basoli. (vasoli) Ci sono bagliori incerti d’inverno ma faville d’estate che sembrano aringhe d’argento saltando sull’acqua che lottano con le tue dita per non lasciarsi afferrare, le nuvole sono soleggianti.  Nei cortili invece l’ombra triangolare negli angoli irrompe come delle geometrie azzurre che taglia il butirroso corpo della luce che penetra sotto le vesti delle donne.
Non si può dipingere facilmente a Napoli.   
Perché manca il tuo oggettivismo del bacchino malato o della foglia bacata del “Canestra  di frutta ? ”.
Capisco eri spiazzato, smarrito!
Mia madre vedeva spesso delle lumache passeggiare sulle riggiole della cucina. Si chiedeva: “…ma saranno felici? ”.
Sei stato l’artefice, autore e attore del realismo moderno. Hai insegnato al mondo il vibrante fascino del bello nell’increspata pelle della fronte e delle braccia di “San Gerolamo scrivente”  ma anche la sua dolenza e afflizione. Il faro acceso era sulla sinistra, di sbieco,  per accentuare, forse, i due fori delle arcate oculari del cranio, metafora della morte e della vita perché accostato al libro, conoscenza, dunque, futuro. Quella conoscenza che offese i Papi  che confutarono Copernico che tu hai sempre amato. Lo preferivi a Tolomeo. Due mondi due conoscenze ma il primo nel vero il secondo nell’arcaico oscurantismo clericale e anassimandreo,  voleva la terra (l’uomo) al centro del cosmo. Il sole rotante in orbita d’intorno.
Forse, per questo Napoli non ti è piaciuta! Perché qui il sole gira ancora all’incontrario  e, talvolta, sembra veloce quando le sue proiezioni sui vani dei bassi  svelano improvvise la fame nelle lenzuola lorde. Solo all’incontrario, a Napoli,  si svelano le fessure profonde sulle pareti e nelle anime nostre.
Se fossi faro lucente e percorressi un vicolo, m’apparirebbero, in ogni basso aperto tanti quadri tuoi 
Peccato!
Spero di rivederti,… si ciarlerà di questo e di quello e si potrà confutare. 

                                                                                                                 Un tuo ammiratore
                                                                                                                 Bruno Pappalardo
Napoli, 22.08. 2012



mercoledì 22 agosto 2012

Pensieri, notizie, frasi celebri...



Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, la loro cultura, la loro storia. E qualcun altro scrive loro altri libri, li fornisce di un’altra cultura, inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo s’incomincia lentamente a dimenticare quello che è e quello che è stato. E il mondo intorno a lui lo dimentica ancora più in fretta! “

(Milan Kundera)






" Mi duole l'Italia. E' come un dolore fisico: si può, per dirla con una bella espressione siciliana, svariare quanto si vuole, ma uno se lo porta sempre."

(Leonardo Sciascia)                    






 “I professori di storia patria: questi signori non ignorano i fatti che vi sono raccontati. Preferiscono, però, tacerli per non dispiacere al Principe.  Le menzogne sull’unità italiana riempiono non soltanto i libri e le biblioteche, ma anche le nostre teste. Ma l’Italia non è solo una menzogna. Purtroppo intorno all’idea d’Italia ci sono fatti e sentimenti veri, autentici: c’è amore e dolore, ci sono milioni di morti, decine di milioni di uomini e di donne che amavano la loro terra i loro cari e li hanno dovuti lasciare alla ricerca di un pezzo di pane in altri luoghi del mondo. E ci sono anche speranze. Ma solo per una parte degli italiani. Per gli altri c’è la disperazione, la fine di ogni speranza di onesto vivere e di dignità umana e sociale.”
  
(Nicola  Zitara)


Trenta e forse più milioni di meridionali hanno dovuto lasciare la loro terra per pagare il pizzo risorgimentale ai toscopadani. Fuori del Sud vivono più meridionali di quanti sono i residenti!”

(Nicola Zitara)






«L'unità d'Italia non poteva esser fatta, se non con il sacrificio del Mezzogiorno»

 (Francesco Saverio Nitti)








Fu una delle più grandi ondate migratorie di tutti i tempi: alle popolazioni meridionali, sconfitte e colonizzate altro non rimaneva che battere la via dell’oceano: “Partettemo pè mmare, eravamo sciumme !” [partimmo per mare ed eravamo un fiume]: i porti di Napoli e Palermo diventarono i più grandi centri di espatrio dei meridionali!”   

(Giuseppe Ressa)




«l'Italia settentrionale ha soggiogato l'Italia meridionale e le isole, riducendole a colonie di sfruttamento!”

(Antonio Gramsci, 3 Gennaio 1920)









Sì, è vero, noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno ed abbiamo profittato qualcosa di più delle spese fatte dallo Stato italiano, peccammo di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio ed ad assicurare così alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale”.                                                                

 (Luigi Einaudi)



“Da sempre, sulla spedizione dei Mille e la sconfitta dell’esercito borbonico sono state raccontate bugie, confezionate con cura centinaia di agiografie, creati inesistenti miti. Certo negli anni immediatamente successivi a quegli eventi, era difficile, con la dinastia Savoia regnante, poter dire tutta la verità sulle ombre che avrebbero finito per offuscare la < Campagna nella Bassa Italia >. Peggio andò nel ventennio fascista, quando il mito del nazionalismo italiano, unito a un’esasperata filosofia di Stato centralizzato, aveva bisogno di alimentarsi, esaltando gli eroi del Risorgimento e ironizzando su chi, in quel processo storico fu il vinto : la dinastia Borbone e l’esercito delle Due Sicilie!”

(Gigi Di Fiore)


“Sarebbe facile affermare che Bombrini con le sue emissioni di cartamoneta, Bastoni con la quarantennale truffa della Società delle Ferrovie meridionali, Balduino con i suoi loschi traffici sul tabacco e lo zucchero, annichilirono il Sud. Questi ladri, mai finiti in galera, furono soltanto i legittimi e unici avi del salotto buono della borghesia padana. Non si ha uno scambio tra merci moderne del Nord e prodotti agricoli del Sud, ma lo scambio tra valori reali e cartamoneta inconvertibile. E’ lo stesso che dire furto!”

(Nicola Zitara)



“Quell'Italia che s'aveva da fare: quell'Italia che l'impezzentito debitoso Savoia aveva brigantescamente impupazzato e nascosto dietro al paravento dei sacri ideali e dei sogni sublimi! Quell'Italia dei patti schifosi stretti da lui, brigantescamente, con i grossi proprietari terrieri (più briganti di lui...): con i mammasantissima delle provincie meridionali da infeudare, da annettere, da colonizzare per assoggettare, da ridurre in schiavitù e bollare - come vacche grasse da mungere in esclusiva - col marchio del regno piemontese!”           

 (Angelo  Manna)


“Io non sapevo che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni "anti-terrorismo", come i marines in Iraq.
Non sapevo che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico; o come i marocchini delle truppe francesi, in Ciociaria, nell'invasione, da Sud, per redimere l'Italia dal fascismo (ogni volta che viene liberato, il Mezzogiorno ci rimette qualcosa).
Ignoravo che, in nome dell'Unità nazionale, i fratelli d'Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma. E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile. Non sapevo che in Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di «Tamerlano, Gengis Khan e Attila». Un altro preferì tacere «rivelazioni di cui l'Europa potrebbe inorridire». E Garibaldi parlò di «cose da cloaca».”

(Pino Aprile)


                                                                                                                                                                                                                                          “Non c’è cittadina d’Italia dove non ci sia un bronzeo monumento a un qualche risorgimentatore. Vittorio Emanuele, Garibaldi, Nino Bixio, Cosenz, Medici, Lamarmora, Cialdini e tanti altri illustri guerrieri. Se ne stanno tutti su alti piedistalli con la sciabola sguainata. Il bronzo del monumento non riproduce il sangue, ma la sciabola lo presuppone. Questi bronzei signori hanno operato un macello fra i nemici. Però essi non hanno avuto altri nemici da combattere se non gli italiani del Sud. Quindi il sangue che cola idealmente da quelle sciabole appartiene a un qualche mio antenato. Milite  Ignoto o Milite Ignobile? Non c’è una lapide che ne ricordi il nome. Mai un fiore è stato deposto sulla sua tomba. Noi siamo i nemici di noi. Il nostro passato è più che brutto, è osceno…Sventoliamo il tricolore. Ma il tricolore è il vessillo della nostra sconfitta. Forse lo abbiamo amato e servito, ma non siamo stati mai ripagati…”

(Nicola Zitara)

“Con la sua ingordigia (in ultima istanza, perdonabile), con la sua insipienza (non perdonabile), con le sue scomposte velleità, lo Stato italiano ha rovinato un paese di gente civile e laboriosa!

(Nicola Zitara) 

Occupazione: Nel 1876 gli operai impiegati nelle maggiori industrie della provincia erano 8.360, dodici anni dopo si erano dimezzati (4.716 nel 1887/88)
                              
(www.brigantaggio.net)


Lo stato italiano ha imposto al popolo meridionale un risparmio forzoso, in alcuni momenti fino alla fame. Il capitale così formato è stato consegnato nelle mani degli imprenditori e dei tangentisti padani, che se ne sono appropriati e sempre con l’aiuto dello stato italiano l’hanno enormemente allargato. Per Gramsci, che aveva capito tutto era questa, e non altra, la cosiddetta questione meridionale.”
                                 
 (Nicola  Zitara)




Se dall'unità d'Italia il Mezzogiorno è stato rovinato, Napoli è stata addirittura assassinata. E' caduta in una crisi che ha tolto il pane a migliaia e migliaia di persone

(Gaetano Salvemini)






“Questioni di moneta e di sangue accompagnano, passo dopo passo, la vicenda Savoia. Tacere per amor di Patria, anteporre le ragioni dell'opportunismo politico ai documenti, significa ormai innaffiare le radici dell'anima nera del Belpaese.”

( Lorenzo  Del Boca )






“Culturalmente le Due Sicilie, al momento dell’unificazione politica, erano parecchio avanti all’Italia restante. Al censimento del 1861 aveva diecimila studenti universitari sul totale di 16 mila di tutte le università italiane!
                                                      
(Nicola  Zitara)








La politica incerta, ambigua, timida e nello stesso tempo avventata dei partiti di destra piemontesi fu la cagione…essi furono d’una astuzia meschina…” 
            
(Antonio Gramsci)
                        






“Abbiamo sempre vissuto dei falsi : il falso di un Risorgimento che somiglia ben poco a quello che ci hanno dato da studiare a scuola…   

 (Indro  Montanelli)







L’unificazione dell’Italia poteva e doveva avvenire in altro modo. L’Italia è stata divisa dai Savoia;
storici e politici di parte fanno finta di non saperlo! ”
            
(Antonio Ciano)






“Il nome < Piazza del Plebiscito > andrebbe, per rispetto ai Napoletani, modificato in < Piazza presi per il sedere >.

(Marcello D’Orta)








“...L’unità nazionale poteva avere un corso diverso da quello che ha avuto. L’unificazione d’Italia, in una monarchia accentratrice, non ebbe altra giustificazione che la forza delle armi e gli intrighi diplomatici dei Savoia!“

(Antonio Gramsci)





Sappiate che per noi nessun scrittore spreca inchiostro e carta. I nostri malanni, la nostra miseria, gli abusi, l’ingiustizia che ci fanno nessuno la scrive, mentre sono chiamati sommi scrittori quelli che ci dispregiano chiamandoci plebaglia miserabile!“                                     

(Carmine Crocco)





L’IDEA” di Zitara : “ Separatismo meridionale, per la fondazione di uno Stato indipendente e a base liberal/socialista. Questa formula, ormai abusata, nel nostro caso si specifica con l'abolizione del lavoro dipendente a favore di forme di collaborazione aziendale (società anonime di capitale, società cooperative) fra i produttori. Insomma, niente padrone. Il lavoro e il rischio d'impresa sono unificati in una sola figura giuridica.

(Nicola Zitara)


“Considerando che un posto di lavoro vero e moderno impegna una cifra media di un miliardo e mezzo (in vecchie lire), si arriva a definire in otto milioni di miliardi (sempre in vecchie lire) ciò che il Sud ha perduto a causa della colonizzazione italiana!”

(Nicola Zitara)

“Giacché viviamo in un mondo in cui la dominazione politica è incorporata nelle merci di massa, la nostra liberazione non comincerà con la freccia di un nostrano Guglielmo Tell che trafigge il tracotante nemico, ma con un camion di provolette Galbani (spacciate per mozzarella) precipitato nella scarpata dell'autostrada Salerno - Reggio Calabria...”

(Nicola Zitara)




“No, il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà. Se il mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, con la sua libera iniziativa e seguendo l'esempio dei suoi figli migliori, tutto sarà inutile... “. "Cento uomini d'acciaio...la Questione Italiana è la Questione Meridionale".... 

(Guido Dorso)



Sui Meridionali : “Questo popolo ama i colori allegri …questo popolo ama la musica e la fa…Non è dunque una razza di animali, che si compiace del suo fango; non è dunque una razza inferiore che presceglie l'orrido fra il brutto e cerca volenterosa il sudiciume; non si merita la sorte che le cose gl'impongono; saprebbe apprezzare la civiltà, visto che quella pochina elargitagli, se l'ha subito assimilata; meriterebbe di esser felice… “                                     

(Su “il Ventre” 1884 di Matilde Serao)




 “ I Napoletani oggi sono una grande tribù che, anziché vivere nel deserto o nella savana, come i Tuareg o i Boja, vive nel ventre di una grande città di mare. Questa tribù ha deciso – in quanto tale, senza rispondere delle proprie possibili mutazioni coatte – di estinguersi, rifiutando il nuovo potere, ossia quello che chiamano la storia, o altrimenti, la modernità. La stessa cosa fanno nel deserto i Tuareg o nella savana i Boja (o fanno anche, da secoli, gli zingari) : è un rifiuto, sorto nel cuore della collettività; una negazione fatale contro cui non c’è niente da fare. Essa da una profonda malinconia, come tutte le tragedie che si compiono lentamente; ma anche una profonda consolazione, perché questo rifiuto, questa negazione alla storia è giusto, è sacrosanto! “ 

(Pier Paolo Pasolini)

"Se i napoletani non fossero stati così come sono sarebbero scomparsi da 100 anni ! "                                                                       

(Pier Paolo Pasolini)




“Col suo sacrificio, con la sua laboriosità, col suo rigore morale il Sud d’Italia è riuscito a resistere: non dimentichiamo che, nonostante tutto, senza Sud non esisterebbe neanche l’Italia, nonostante le panzane che raccontano i leghisti. E non ci sarebbe neanche un Nord senza questo Sud.”

(Lino Patruno)



“Siamo stati un grande popolo, abbiamo una grande storia. Non c’era alcun bisogno che arrivasse Garibaldi per insegnarci la libertà, sapevamo difenderla per antiche virtù, l’avevamo difesa in cento passaggi della storia. Siamo stati grandi quanto gli altri, qualche volta più degli altri. E’ necessario che la coltre di bugie che circonda la nostra identità collettiva sia fugata. La consapevolezza del passato ci aprirà gli occhi e ci permetterà di guardare al futuro!”

(Nicola Zitara)
  
La storia, il passato, si realizza nel presente. E il futuro si costruisce a cominciare dal passato. Se ciò non avviene, vuol dire che non siamo liberi. Che a casa nostra sono altri a comandare!”

(Nicola Zitara)


“Nessuno si può inventare un futuro se non ha coscienza di avere un passato. E a noi meridionali il passato è stato scippato. Solo la conoscenza della nostra storia ci renderà liberi. Nella mente, prima di tutto!” 

(www.eleaml.org)


Un grazie di cuore alle persone (quelle fortunatamente ancora in vita e quelle purtroppo decedute – da tanto o da poco),  ed ai siti sopracitati. Gli scritti, i testi e le ricerche da cui ho attinto il materiale contenuto in questa piccola raccolta ritengo costituiscano patrimonio, memoria, ricerca, voce libera e non asservita per il nostro martoriato SUD.        

Andrea Balìa

giovedì 16 agosto 2012

Il Pensiero Meridiano




"Il pensiero meridiano"

"Pensiero meridiano è quel pensiero che si inizia a sentir dentro laddove inizia il mare, quando la riva interrompe gli integrismi della terra (in primis quello dell'economia e dello sviluppo), quando si scopre che il confine non è un luogo dove il mondo finisce, ma quello dove i diversi si toccano e la partita del rapporto con l'altro diventa difficile e vera. Il pensiero meridiano infatti è nato proprio nel Mediterraneo, sulle coste della Grecia, con l'apertura della cultura greca ai discorsi in contrasto, ai dissoi logoi".

("Il pensiero meridiano" - Franco Cassano)


Titolo: Il pensiero meridiano 

Collana: Economica Laterza, [286] 


Un libro sul Sud in forte controtendenza. Scritto con una prosa tersa e molto partecipe, le sue tesi disegnano un crocevia dove si incontrano sociologia, lirica e progetto politico. Corrado Augias, “Il Venerdì di Repubblica”

Un testo ormai ‘cult’. Ida Dominijanni, “Il Manifesto”


Il pensiero meridiano è, innanzitutto, riformulazione dell’immagine che il Sud ha di sé: non più periferia degradata dell’‘impero’, copia sbiadita o deforme della modernizzazione delle metropoli settentrionali, ma nuovo centro di un’identità ricca e molteplice, capace di conoscere più lingue, più religioni, più culture, secondo la vocazione più autentica della civiltà mediterranea. 



Indice: Introduzione Per un pensiero del sud – Parte prima Mediterraneo: 1. Andare lenti; 2. Di terra e di mare. Parte seconda Homo currens: 3. Pensare la frontiera; 4. L'integralismo della corsa. Parte terza L'attrito del pensiero: 5. Albert Camus: necessità del pensiero meridiano; 6. Pier Paolo Pasolini: ossimoro di una vita. Riferimenti bibliografici 

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"Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perche' andare a piedi e' sfogliare il libro e invece correre e' guardarne solo la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l'anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada.
Bisogna imparare a star da se' e aspettare in silenzio, ogni tanto essere felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti e' incontrare cani senza travolgerli, e' dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, e' trovare una panchina, e' portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando son forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. E' suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volonta', ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo."
(cfr. pagg. 13 "Il pensiero meridiano" - Franco Cassano)
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"L'Occidente dovrebbe cessare di guardare con un orrore comodo e superbo alla barbarie del fondamentalismo, dei nazionalismo e dell'economia criminale e tentare di combatterli iniziando con il controllare il proprio fondamentalismo, quello dell'economia. Solo limitando l'homo currens si può sbarrare la strada allo sradicamento e agli usi reattivi della tradizione, al suo ritorno vìoIento e soffocante. Prendere atto del lato oscuro e aggressivo della propria cultura significa finalmente uscire dall'etnocentrismo.

Esistono una pluralità di vie per arrivare a Dio, una pluralità di lingue per dargli un nome. Se ogni cultura prendesse atto del proprio lato oscuro, di quei frutti avvelenati che essa produce (e che ama disconoscere imputandoli ad altri) si potrebbe iniziare a parlare. Finché gli homines prodotti dalle altre culture saranno considerati soltanto stadi intermedi sulla via del raggiungimento dell'homo currens sarà perfettamente normale che i perdenti non accettino di stringere la mano a coloro che hanno imposto il gioco nel quale vincono sempre.
Dalla traduzione reciproca e su un piano di parità delle diverse culture si potrebbe invece ricavare un allargamento del patrimonio culturale generale dell'umanità, le premesse di una coscienza planetaria adeguata alla nostra "comunità di destino terrestre" (Morìn?Kem, 1994), un incrocio alto delle libertà e delle protezioni.
All'Occidente spetta il compito difficilissimo (ma non nuovo) di diffidare del proprio nobile unìversalismo che corre in soccorso e in aiuto, di non pensare che le proprie istituzioni siano un campo neutro sul quale le culture si sfidano e si incontrano ad armi pari.
Mi sì consenta di concludere con una riflessione personale che nasce dalla abitudine di passare le vacanze estive in Grecia e che probabilmente esprime più che un pensiero organico e maturo un intreccio di convinzioni. Sempre mi è capitato di osservare che laddove arrivano i turisti spariscono i religiosi: splendidi e non più remoti monasteri con pochi frati superstiti sono consumati ogni giorno da migliaia di turisti (tra i quali fl sottoscritto). C'è sempre qualcosa di amaro in ogni ritorno da queste visite, la sensazione che, nonostante il nostro continuo assaggiare tutto, un sapore serio ed importante si sottragga al nostro gusto e alla nostra conoscenza. "
(cfr. pagg. 64-65 "Il pensiero meridiano" - Franco Cassano)
NOTE BIOGRAFICHE
Franco Cassano nasce ad Ancona nel 194
Insegna Sociologia della conoscenza nell'Università di Bari Intellettuale di punta del marxismo meridionale, negli anni Ottanta inizia una riflessione che si apre a nuovi orizzonti: 1989 - pubblica "Approssimazione. Esercizi di esperienza dell'altro" 1993 - pubblica "Partita doppia. Appunti per una felicità terrestre" percorso in otto st azioni che cercano di evidenziare come ogni situazione della vita e della storia sia, appunto, una "partita doppia", abbia vantaggi e svantaggi, schiudendoci spesso all'orizzonte tragico, che è quello in cui l'uomo è gettato.1996- pubblica "Il pensiero meridiano", in cui ripensa il Mezzogiorno riconsiderando la sua identità culturale rispetto alla modernizzazione, apre il dibattito sull'autonomia del pensiero meridionale ponendo le basi teoriche di un nuovo meridionalismo, il Sud del mondo (anche attraverso una riflessione su Camus e Pasolini) viene pensato a partire da parametri nuovi, valorizzandone prima di tutto l'osmosi con il mare, l'"andar lenti", contro il mito moderno dell'"homo currens", la sua dimensione di frontiera.
Altre pubblicazioni: "Mal di Levante" (Laterza, 1997), "Paeninsula" (Laterza, 1998), "Modernizzare stanca" (Il Mulino, 2001), "Oltre il nulla" (Laterza,
2003) La modernità - secondo Cassano - presenta dei coni d'ombra, esistono degli aspetti che non riesce a risolvere in modo soddisfacente, esistono dei valori (favole, preghiere, ricordi infantili, passioni, relazioni affettive) che essa, a volte colpevolmente, trascura, e che possono essere proficuamente riattivati per renderci meno nevrotici.Cassano appare come uno dei pensatori più liberi ed originali del panorama intellettuale italiano. Fa parte del comitato scientifico del Laboratorio Progetto Poiesis e della redazione della rivista da Qui. Presiede a Bari il movimento di cittadinanza attiva Città plurale. 
Fonte : www.eleaml.org 

martedì 14 agosto 2012

Le origini d'una frase famosa...


La frase “lo Stato italiano ….. è stato una dittatura feroce che ha messo ferro e a fuoco l'Italia meridionale, e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di «briganti»”  viene citata a destra e a manca, spesso senza manco indicare la fonte precisa.

Mino Errico

Avanti! - Mercoledì. 18 Febbraio 1920 – Edizione Piemontese

Il lanzo ubriaco
[Antonio Gramsci]

"...Lo Stato borghese italiano si è formato per la spinta di nuclei capitalistici dell'Italia settentrionale che valevano unificare il sistema dei rapporti di proprietà e di scambio del mercato nazionale, suddiviso in una molteplicità di stenterelli regionali e provinciali. Fino all'avvento della Sinistra al potere, lo Stato italiano ha dato il suffragio solo alla classe proprietaria, è stato una dittatura feroce che ha messo ferro e a fuoco l'Italia meridionale, e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di «briganti». Lo sviluppo dell'industria rafforzò lo Stato unitario: la Sinistra andò al potere, allargò il suffragio, introdusse un pizzico di «democrazia». La dittatura industriale non fu però meno feroce della dittatura della media borghesia e dei proprietari terrieri che si erano saziati coi ben ecclesiastici: lo Stato si pose al servizio dell'industria e nel '98 soffocò i movimenti nei quali la classe operaia per la prima volta si sollevò contemporaneamente ai contadini, poveri di Sicilia e di Sardegna.
...Lo Stato italiano non è stato mai democratico, ma dispotico e poliziesco (un solo potere: il Governo, con un corpo consultivo: il Parlamento) è sempre stato una dittatura esercitata dagli industriali e contro la classe operaia e contro i ceti contadineschi."

Antonio Gramsci

Fonte : Mino Errico www.eleaml.org