ASSOCIAZIONE CULTURALE MERIDIONALISTA - PROGRESSISTA

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venerdì 13 luglio 2012

Antonio Gramsci, la vita, le origini, il processo, la fine...



" Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione...vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato : ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini"

(Antonio Gramsci, lettera alla madre, 10 Maggio 1928)


Antonio Gramsci  ( Ales, 22 Gennaio 1891 - Roma, 27 Aprile 1937)

è stato un politico,filosofo, giornalista, linguista e critico letterario italiano.
Nel 1921 fu tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia e nel 1926 venne incarcerato dal regime fascista. Nel 1934, in seguito al grave deterioramento delle sue condizioni di salute, ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato in clinica, dove passò gli ultimi anni di vita.
I suoi scritti – nei quali studiò e analizzò la struttura culturale e politica della società – sono considerati tra i più originali della tradizione filosofica marxista. Uno dei suoi contributi principali fu il concetto di egemonia culturale, secondo il quale le classi dominanti impongono i propri valori politici, intellettuali e morali a tutta la società, con l'obiettivo di saldare e gestire il potere intorno a un senso comune condiviso.

Origini familiari
Gli antenati di Antonio Gramsci erano originari della città albanese di Gramsh, e potrebbero essere giunti in Italia fin dal XVI secolo, durante la diaspora albanese causata dall'invasione turca. Documenti d'archivio attestano che nel Settecento il trisavolo Gennaro Gramsci, sposato con Domenica Blajotta, possedeva a Plataci, comunità albanese del distretto di Castrovillari, delle terre poi ereditate da Nicola Gramsci (1769-1824). Questi sposò Maria Francesca Fabbricatore, e dal loro matrimonio nacque a Plataci Gennaro Gramsci (1812-1873), che intraprese la carriera militare nella gendarmeria del Regno di Napoli e, quando era di stanza a Gaeta, sposò Teresa Gonzales, figlia di un insigne avvocato napoletano. Il loro secondo figlio fu Francesco (1860-1937), il padre di Antonio Gramsci.

Deputato al Parlamento
Alle elezioni del 6 aprile 1924 venne eletto deputato al parlamento, potendo così rientrare a Roma, protetto dall'immunità parlamentare, il 12 maggio 1924.
Elaborando temi già affrontati nelle Tesi di Lione, nel settembre 1926 Gramsci iniziò a scrivere un saggio sulla questione meridionale, intitolato Alcuni temi sulla questione meridionale.

L'arresto e il processo
Il 5 novembre 1926 il governo sciolse i partiti politici di opposizione e soppresse la libertà di stampa. L'8 novembre, in violazione dell'immunità parlamentare, Gramsci venne arrestato nella sua casa e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli. Dopo un periodo di confino a Ustica, dove ritrovò, tra gli altri, Bordiga, il 7 febbraio 1927 fu detenuto nel carcere milanese di San Vittore.
Gramsci è accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all'odio di classe.
Il pubblico ministero Isgrò concluse la sua requisitoria con una frase rimasta famosa: «Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare»; e infatti Gramsci, il 4 giugno, venne condannato a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione; il 19 luglio raggiunse il carcere di Turi, in provincia di Bari.
L'8 febbraio 1929, nel carcere di Turi, il detenuto 7.047 ottenne finalmente l'occorrente per scrivere e iniziò la stesura dei suoi «Quaderni del carcere».

La fine
Quando la madre morì, il 30 dicembre 1932, i famigliari preferirono non informarlo; il 7 marzo1933 ebbe una seconda grave crisi, con allucinazioni e deliri. Si riprese a fatica, senza farsi illusioni sul suo immediato futuro: «Fino a qualche tempo fa io ero, per così dire, pessimista con l'intelligenza e ottimista con la volontà [...] Oggi non penso più così. Ciò non vuol dire che abbia deciso di arrendermi, per così dire. Ma significa che non vedo più nessuna uscita concreta e non posso più contare su nessuna riserva di forze».
Eppure lo stesso codice penale dell'epoca, all'art. 176, prevedeva la concessione della libertà condizionata ai carcerati in gravi condizioni di salute. A Parigi si costituì un comitato, di cui fecero parte, fra gli altri, Romain Rolland e Henri Barbusse, per ottenere la liberazione sua e di altri detenuti politici, ma solo il 19 novembre Gramsci venne trasferito nell'infermeria del carcere di Civitavecchia e poi, il 7 dicembre, nella clinica del dottor Cusumano a Formia, sorvegliato in camera e all'esterno. Il 25 ottobre 1934 Mussolini accolse finalmente la richiesta di libertà condizionata, ma Gramsci non rimase libero nei suoi movimenti, tanto che gli fu impedito di andare a curarsi altrove, perché il governo temeva una sua fuga all'estero; solo il 24 agosto 1935 poté essere trasferito nella clinica "Quisisana" di Roma. Vi giunse in gravi condizioni: oltre al morbo di Pott e all'arteriosclerosi, soffriva di ipertensione e di gotta.
Il 21 aprile 1937 Gramsci passò dalla libertà condizionata alla piena libertà, ma era ormai in gravissime condizioni: morì all'alba del 27 aprile, a quarantasei anni, di emorragia cerebrale, nella stessa clinica Quisisana. Cremato, il giorno seguente si svolsero i funerali, cui parteciparono soltanto il fratello Carlo e la cognata Tatiana: le ceneri, inumate nel cimitero del Verano, furono trasferite, dopo la Liberazione, nel Cimitero acattolico di Roma.

Fonte : Wilkipedia

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