Omaggio e colorito ricordo da parte di Bruno Pappalardo riguardo Enrico Cajati, grande pittore e personaggio napoletano nato nel 1927 e scomparso nel 2002 :
di Bruno Pappalardo, 28.05.2013
Dieci anni, forse più, con lui! Tanti.
Altre volte mi è capitato di ricordarlo e ricordare quanto mi abbia lasciato.
Stavolta è diverso, stavolta, come spesso ci capitava dopo una lunga litigata, vorrei ridere ancora con lui, come faceva lui, rumorosamente rotondo, chiaro, franco e trascinante.
Capovolgere il criterio del ricordo, che nel bene e nel male, non è (inevitabilmente) mai vero ma modellato o deformato dal tempo e tendente al giudizio spesso solo benevole.
Penso ai suoi straordinari pantaloni!
Li tirava su solo quando era assolutamente necessario.
Li teneva giù neppure accorgendosi fossero lì
Erano parte cellulare del suo corpo non dei suoi abiti.
I pantaloni stavano a Cajati come una madre ad un proprio figlio.
Valeva lo stesso per il foulard al collo.
I pantaloni erano solo sporchi di pittura e pò di polvere perenne sottratta dai due “atelier” in cui lavorava. La polvere non si adagiava sulle cose, come generalmente si crede, ma evolveva mentre cadeva, si rigenerava moltiplicando la propria massa.
Il soffitto, quello dello studietto di Santa Teresa degli Scalzi, un sottoscala buio che dava al suo locale illuminato da un doppio neon, aveva una naturale cupola bianca che calava negli angoli creando quattro vele triangolari barocche; …era un enorme straordinaria ragnatela, una struttura solida e ingegneristicamente irripetibile che sormontava la stanzetta curvando tutti gli angoli. Avvolgeva anche un consapevole piccolo orsacchiotto fulvo resto di momenti felici della sua vita e, in quei tempi, peluche.
Dimenticavo i pantaloni! Erano di stoffa buona. Amava il risvolto esterno, quello dell’alta sartoria dei primi anni del ‘900 e che tecnicamente serviva ad appiombare la caduta delle righe dei calzoni .
Ma quel piombo, a lui, ad Errico non serviva. L’impressione, infatti, era quella di una ammasso eccessivo della lunghezza della stoffa che faceva ensemble, ammassamento sulle scarpe. Ad Errico (non Enrico) piaceva e che riteneva combinasse perfettamente con le scarpe sempre nere, alla francese, ossia sfilanti con punte allungate e lucide.
Era anche determinato da un paio di gambe molto corte ma ciò che mancava in centimetri era direttamente sproporzionato all’altezza della capacità elaborativa del suo cervello che produceva un inferno di parole e concetti, tra il paradossale e l’estrema logica, tra il recitato e il delirio della battuta, mirata e irresistibile.
Di umile nascita, era attratto dalla monarchia sabauda come per il "Duce" e non sapeva, anche se talvolta reclamava parentele di più antichi titolati, d’essere il più nobile dei napoletani, degli artisti di questa città e oltre e nonostante un borsone a tracolla che denunciava un disordine economico e rozzezza, mai ho conosciuto animo più elegante e superbo.
Ciao Errico, spero sempre che tu mi segui sempre e se puoi, quando hai tempo ,…damme na mano!
L’amico tuo Bruno
(…‘o comunista ‘e ‘mmerda)
Bruno Pappalardo
Descrizione sublime. Io lo conoscevo e frequentavo (un pò meno di Bruno ad onor del vero) ed era tutto proprio come scrive Bruno. Ci aggiungerei il capello incolto ed un costante sudore e affanno forse dovuto alle troppe cose che si portava addosso tra abiti, borse, sciarpe...ed il perenne giornale infilato nella tasca retrostante di quei pantaloni. Incredibilmente anche a me m'appellava con qualcosa di simile riguardo al "comunista"...una persona incredibile, bellissima, col cuore, lo stupore e l'energia d'un bambino. Grandissimo Errico! E grazie Bruno....
Andrea Balìa