28.04. 2013
Che dire, fossero tutti così i congressi politici apparirebbero dei consorzi conviviali, non fosse per quello che s’intende letteralmente ma per la naturalezza, la spontaneità, per un forte e amichevole e conversevole confronto. Insomma nulla della serie “te la canti e te la suoni” come nelle altre adunanze. E’ vero, quasi tutti i congressi si somigliano ma non quello del 27 Aprile all’Hotel Golden Tulip Bellambriana a Roma del Partito del Sud.
Gli altri hanno una precisa liturgia: una maggioranza fissa che applaude qualunque cosa si dica e che parte dal fondo ma poi infiacca proseguendo verso il palco, una piccola porzione di individui che critici, intervengono inizialmente come intemerati guerrieri, ma poi, al microfonino incollettato di rosso, dimostrano di non essere tanto arditi ed, infine, le prime due file, occupate da dignitari e pezzi grossi, ingaggiati apposta per immolarsi ad una fissa inespressività convenuta per telecamere e fotografi.
Bene, il IV Congresso del Partito del Sud si è contraddistinto, al contrario, dall’essere lontanissimo dal enfatico e insipido solito teatrino di eloquenze ridondanti e precostituite. Ha inseguito uno autentico dibattito tra amici e dove, dal tavolo dei dimissionari dirigenti e collaboratori, nasceva, volgendosi alla sala, il porgere sempre l’incessante e caparbia domanda: quale il nostro tracciato, quale la nostra strada, quali i valori e principi a cui riferirsi? Instancabile sempre la stessa risposta, mescolata in tutte le salse ed interventi, … progressisti, essere “ unitari e progressisti”
Bruno Pappalardo
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