Storiografia del problema
L'interpretazione della Questione meridionale ha vissuto profonde evoluzioni nel tempo. Originalmente il dibattito era fortemente influenzato dalla censura e propaganda della corona sabauda, preoccupata di legittimare la conquista, l'annessione e lo sfruttamento del sud. Tale censura ha impedito che pervenissero fino ad oggi documenti attendibili su molti aspetti, come il numero di vittime della repressione. Anche dopo la fine del regno i dati storiografici disponibili impedirono una corretta lettura degli eventi. Solo recentemente nuovi studi hanno messo in causa la visione classica della vicenda, e certi fatti, come lo stato economico del Regno delle Due Sicilie o il brigantaggio hanno preso un'altra dimensione. Oggigiorno tesi come l'inferiorità genetica delle popolazioni del sud Italia, una volta abbastanza consensuali, non sono più accettate accademicamente. Al contrario negli ultimi anni finalmente delle ricerche economiche ci aiutano a stabilire scientificamente (con l'ausilio di disparati indicatori e dati economici) esattamente la nascita della questione meridionale, cioè nella parte finale dell' '800, dopo l'Unità d'Italia..
Si possono comunque distinguere tre approcci storiografici principali, che ricalcano in grosse linee dibattiti ideologici e politici più ampi:
La storiografia classica, così chiamata perché nata prima, tende a vedere l'arretratezza del Mezzogiorno come segno di un'evoluzione atipica o ritardata, dove altre condizioni avrebbero permesso alla regione di inserirsi con successo in una dinamica di crescita e di integrazione.
La storiografia moderna, così chiamata perché proposta a partire da Gramsci e Salvemini, vede il persistere della miseria come una componente essenziale del capitalismo, che è basato sulle dualità sfruttatore - sfruttato, sviluppo - sottosviluppo, anche su base geografica.
L'interpretazione deterministica, che vede nella demografia (attraverso tesi razziste) o nella geografia del sud le origini, spesso insormontabili, della povertà nella quale si trova il Meridione.
Molti letterati anche tra quelli già citati come Gramsci e Giustino Fortunato riscontrarono pubblicamente la presenza di una vera e propria questione meridionale ma affermarono, altrettanto pubblicamente anche se poco o per nulla diffuso, che essa era dovuta alla disparità di trattamento tra Italia del nord e Italia del Sud, quest'ultima sfruttata fino all'inverosimile tanto che buona parte dei suoi figli emigrarono lasciando la propria terra per cercare fortuna all'estero.
Gaetano Salvemini (1873 - 1957), storico e politico socialista concentrò le sue analisi sugli svantaggi che il sud aveva ereditato dalla storia, criticò aspramente la gestione centralizzata del paese, e indicò come necessaria l'alleanza degli operai del nord con i contadini del sud. Tuttavia lo sfruttamento sistematico del Mezzogiorno da parte del capitale settentrionale e l'adozione di una legislatura statale particolarmente penalizzante per il Sud era stata resa possibile, secondo Salvemini, dalla complicità dei grandi proprietari terrieri meridionali e dai loro alleati, i piccoli borghesi locali.
Antonio Gramsci (1891 - 1937), noto pensatore marxista, lesse il ritardo del sud attraverso il prisma della lotta di classe. Studiò i meccanismi in corso nelle rivolte contadine dalla fine dell'Ottocento fino agli anni venti, spiegò come la classe operaia fosse stata divisa dai braccianti agricoli attraverso misure protezionistiche prese sotto il fascismo, e come lo stato avesse artificialmente inventato una classe media nel sud attraverso l'impiego pubblico. Auspicava la maturazione politica dei contadini attraverso l'abbandono della rivolta fine a se stessa per assumere una posizione rivendicativa e propositiva, e sperava una svolta più radicale da parte dei proletari urbani che dovevano includere le campagne nelle loro lotte.
Guido Dorso (1892 - 1947) fu un intellettuale che rivendicò la dignità della cultura meridionale, denunciando i torti commessi dal nord ed in particolare dai partiti politici. Effettuò esaurienti studi sull'evoluzione dell'economia del Mezzogiorno dall'Unità fino agli anni trenta e difese la necessità dell'emergenza di una classe dirigente locale.
Fonte : Google
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